Chi si aspettava, in relazione al primo trimestre 2017 recentemente conclusosi, un rimbalzo degli spread applicati ai mutui casa nel mercato italiano, è rimasto deluso. Stando a quanto sottolinea un recente report condotto su dati CRIF, infatti, nel corso del primo quarto dell’anno la media trimestrale dei migliori spread si è aggirata a 40 punti base per il fisso e 100 punti base per il variabile, ribadendo il trend decrescente che ha condotto i differenziali applicati sui parametri di riferimento del costo del denaro su livelli minimi storici, e rinviando così al prossimo futuro il rincaro atteso.
Una lenta discesa che continua
A dare uno sguardo all’andamento della media trimestrale dei migliori spread negli ultimi anni, ci si rende rapidamente conto quanto si stia comprimendo la percentuale di tasso finito “dipendente” dalle politiche d credito delle banche (in altri termini, quella quota di costo sul tasso che viene “aggiunta” dagli istituti di credito, a remunerazione del proprio operato, all’Euribor o all’IRS).
Senza tornare troppo indietro nel tempo, infatti, si può ad esempio rammentare come nel primo trimestre del 2016 la media trimestrale dei migliori spread su tasso fisso fosse pari a 120 punti base, e come fosse addirittura pari a 180 punti base nel primo quarto del 2015. Discorso similare per quanto concerne la media trimestrale dei migliori spread su tasso variabile, che era pari a 150 punti base appena un anno fa, e a 180 punti base nel primo trimestre del 2015.
Mutui ancora molto appetibili
Quanto sopra è naturalmente produttivo di una lunga serie di riflessioni che potrebbe essere opportuno condividere. Nel far ciò, tuttavia, ci limitiamo principalmente a quella più lampante: i mutui rimangono ancora su condizioni di forte appetibilità, e proprio questa convenienza relativa sta contribuendo a sostenere l’erogazione di nuovi mutui alle famiglie, e sia sul canale tradizionale, che su quello online.
Non solo: la presenza di tassi di interesse così bassi sta stimolando la consolidata consapevolezza delle famiglie italiane, secondo cui convenga indebitarsi a tasso di interesse fisso, stabilendo in tal modo oneri certi e costanti del mutuo per l’intera sua durata, e ponendosi così al riparo dalle conseguenze più negative che potrebbero insorgere (ma tra quanti anni?) nel momento in cui i tassi di interesse di riferimento riprenderanno a crescere sui mercati finanziari.
Surroghe elevate, ma destinate a diminuire
Quel che probabilmente ha sorpreso molti analisti è infine il dato relativo alle surroghe: i mutui per sostituzione di finanziamenti già in ammortamento sono infatti ancora maggioritari rispetto al totale dei mutui erogati (tra il 55% e il 60%, a seconda delle rilevazioni). Un trend che comunque riteniamo essere destinato a scemare con il passare dei mesi, visto e considerato che regge l’evidenza secondo cui chi aveva un mutuo da surrogare probabilmente ha già compiuto tale operazione di sostituzione, e visto e valutato che i tassi di interesse IRS, su cui vengono calcolati i tassi fissi sui nuovi mutui, hanno già mostrato qualche segnale di ripresa (rendendo così meno convenienti le surroghe verso il tasso certo, che rappresentano la scelta ampiamente ricorrente nei confronti di chi si accinge a effettuare un’operazione di sostituzione del proprio finanziamento).